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Luciano Spiazzi
Rumena, stabilitasi in cittā (Brescia) nel 1975, Elena Andreescu pur avendo perfezionato la sua cultura artistica allAccademia di Brera non ha mai tagliato le radici con la sua terra dorigine.
Il quadro si fa icona, labitato un villaggio che esce dalla memoria, le immagini divengono simboli, la pittura si traduce in tensione ad un orizzonte che va oltre il quotidiano per esprimere la necessitā duna conciliazione definitiva degli opposti che rendano precaria lesistenza.
Unesigenza dassoluto che non č evasione, ma ricerca dimmagini non effimere, definizioni che discendono da ieraticitā bizantine che hanno attraversato i secoli per giungere sino a noi ancora colme di significati. Il pavone che č segno di risurrezione e di totalitā, il sole e la luna quali dualitā di giorno e notte, di bene e male, lorologio che insinua la temporaneitā nella malinconia dei Pierrot chiusi nella loro solitudine, di questo e daltro parlano gli esiti della Andreescu.
Arte come schermo su cui proiettare lansia di soluzioni sottratte al succedersi dei giorni e delle stagioni. Iconografia che va oltre il velo del reale per interpretare il nostro bisogno di ancorarci a termini di non fragile consistenza.
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