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Mauro Corradini
Elena Andreescu sinserisce in un filone narrativo che risente senzaltro della sua terra dorigine (la Romania), ma appare stemperato e coinvolto nei percorsi più occidentali della ricerca mimetica.
Il mondo di Andreescu è costituito da un rapporto favolistico tra la figura umana e quella animale, specificamente tra la figura del felino domestico, il gatto e la donna. E storia antica di antiche leggende-quella che vede il gatto come fedele amico della donna, legato alla casa e al focolare, e vede il cane, al contrario, fedele amico delluomo che si muove libero nei boschi. Forse Andreescu non si rifà direttamente a queste storie, ma scrive favole nuove, racconti in cui la figura femminile, con i grandi occhi sognanti, si inserisce in paesaggi orientaleggianti, rivissuti in memoria; in questi paesaggi, compare sempre la figura del gatto, con il suo sguardo intenso e severo, con la sua propensione sia alle fusa sia allaggressione.
Dal punto di vista pittorico, la scrittura di Andreescu sembra emergere come è di necessità della fiaba dalla matrice naïf; e tuttavia, ci si trova di fronte ad una naiveté colta, cresciuta negli studi dellAccademia, che ha guardato a certa figurazione del Novecento, per distendersi in tutte le poetiche figurative in cui la rappresentazione aderisce strettamente al racconto.
Per questa via, i racconti di Elena Andreescu, sembrano voler approdare alla fiaba rivisitata in chiave moderna, poiché non mancano le inquietudini, che a volte velano lo sguardo delle protagoniste (si veda la funambola), ma non mancano nemmeno i sorridenti ammiccamenti alla vita, come nellimmagine del clown che si lascia trascinare in alto, come un personaggio di Calvino, da una luna troppo abbassata sulla terra e facile oggetto da afferrare, mostrandosi solo come una innocua e non tagliente falce.
La verità sembra dire la pittrice rumena non è solo nella denuncia: spesso si trova nel sorridente racconto o nella simbolica fiaba.
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